Cenni storici

Ultima modifica 14 agosto 2020

Pizzighettone presenta l'unica cerchia di mura pressoché integra in provincia di Cremona ed una delle più importanti sopravvissute in Lombardia. Raro esempio d'architettura militare, concepito agli inizi del Rinascimento e continuamente perfezionato, modificato nella successione dei camminamenti interni, o sotterranei, nell'articolata composizione dei volumi murari come nella localizzazione delle porte d'accesso o del Rivellino, costituisce uno straordinario documento storico ed un'indubbia attrattiva turistica.

La città murata si distingue per due particolarità uniche: una cortina muraria che lambisce per intero il Centro Storico a cavallo di un fiume (l’Adda) e mura non terrapienate (come quelle di molte altre città murate italiane) ma con al loro interno una serie di ambienti a volta di botte (le Casematte), tutte comunicanti tra loro. Un tempo alloggio dei soldati delle guarnigioni di stanza alla fortezza (ne ospitavano oltre 2000), oggi- dopo il recupero- utilizzate per eventi e manifestazioni di vario genere che richiamano ogni anno un flusso di oltre 120.000 visitatori.

Le origini di Pizzighettone sono legate al fiume Adda, che ancor oggi ne connota inequivocabilmente il centro storico, dividendolo in due parti, di cui una, situata sulla sponda destra e oggi denominata Gera, si dice sia sorta nelle vicinanze dell'etrusca Acerra.

L'antica città, la cui importanza è ripetutamente attestata dagli storici latini, venne in seguito distrutta e riedificata dai Galli. Conquistata dai Romani (221 a. C. - 451 d. C.), scomparve infine durante l'agonia dell'Impero.

E', appunto, a partire da quell'epoca che, complici le varie ondate di popolazioni "barbariche", il nome "Acerrae" non viene più citato mentre, in sua vece, emerge il toponimo di "Forum" (o Pizus) Juguntorum (o Diuguntorum), che Strabone attribuisce alla nuova località, ritenuta erede del precedente centro etrusco.

Grazie alla plurisecolare e favorevole collocazione sull'Adda, accentuata dall'esistenza di un porto che propiziava gli scambi commerciali e che gli consentì, in epoche successive, di godere della condizione di "borgo franco", Pizzighettone divenne, in epoca medioevale, luogo di contesa tra i Comuni di Milano e Cremona.

Furono proprio i Cremonesi, nel 1133, a dare avvio alla costruzione di un castello sulla riva del fiume, a scopo difensivo, originando quella costante connotazione militare, tipica di un caposaldo di frontiera, che accompagnerà il centro abduano fino a tempi non molto remoti.

La costruzione di un primo fortilizio circondato da fossato risale al 1133, unitamente alla realizzazione attorno al borgo di una doppia palizzata in legno, rinforzata all'interno da un terrapieno. Con l'arrivo dei Visconti, precisamente di Bernabò, nel 1370 fu eretta, su disegno di Raffaele Trabucco, la prima cerchia di mattoni, circondata da una fossa alimentata dalle acque dell'Adda e munita di quattro porte.

Tale assetto, ad eccezione della costruzione del Rivellino per volere di Cabrino Fondulo, nel 1404, era destinato a durare fin verso la metà del Quattrocento quando, in epoca sforzesca, per contrastare un'avanzata veneziana, si rese necessario provvedere ad un potenziamento della cinta fortificata, portato a compimento sotto la direzione di Guiniforte Solari. La maggior "riforma" della struttura venne, comunque attuata dagli Spagnoli, a partire dal 1585. L'architetto bolognese Pellegrino Pellegrini inglobò il preesistente giro di mura in una nuova cinta bastionata, escluso il lato lungo il fiume, per cui attualmente la cortina muraria ha una sezione variabile da uno a tre metri, dato che anche successivamente venne irrobustita.

Passato a far parte del dominio visconteo, il borgo viene cinto da una cerchia di mura in laterizio e successivamente con Francesco Sforza, dichiarato "Terra Separata", direttamente dipendente dalla Cancelleria del Duca di Milano. Ad attestare le floride condizioni economiche raggiunte da Pizzighettone (allora chiamato Piceleo) in quel periodo, restano la facciata della chiesa di San Bassiano ed il Palazzo Comunale, risalente alla seconda metà del quattrocento, salvo più tarde modifiche.

Nei primi anni del Cinquecento, dopo alterne vicende, il borgo murato, conquistato dai francesi, rimane nelle loro mani sino a quando le sorti dell'insanabile conflitto tra la Francia e la Spagna per il predominio europeo volgono decisamente a favore di quest'ultima, cui Pizzighettone apparterrà per oltre un secolo.

A siglare l'importanza strategica della piazzaforte piceleonense anche per quell'epoca resta il fatto che, proprio entro le mura del suo munito ed imprendibile castello, venne rinchiuso prigioniero dal 27 febbraio al 18 maggio 1525 il re di Francia, Francesco I di Valois, dopo la sconfitta inflittagli a Mirabello di Pavia dall'esercito del re di Spagna Carlo V d'Asburgo. Della sua permanenza in riva all'Adda, il sovrano francese serberà comunque, un buon ricordo e, tornato libero, vorrà esprimere la propria riconoscenza verso l'amico Gian Giacomo Cipelli, colto parroco di San Bassiano, inviandogli alcuni preziosi doni, tra i quali il paliotto per l'altar maggiore, pregevole opera di arazzieri parigini, ancor oggi parte del patrimonio artistico della medesima chiesa.

Il destino "marziale" di Pizzighettone non venne meno neppure durante la dominazione spagnola e fu riconfermato quando, nel XVIII e nel XIX secolo, il paese subì le successive occupazioni degli Austriaci e delle truppe napoleoniche appartenendo, infine, di nuovo all'Austria fino all'Unità d'Italia. 

In età austriaca (1707-1859), dopo i notevoli interventi decisi da Carlo VI d'Asburgo, che portarono alla demolizione della cosiddetta "Gera Lodigiana" e dell'antica chiesa di San Pietro in Pirolo, poi riedificata all'interno delle mura, nel penultimo decennio del Settecento, con Giuseppe II ebbe inizio un parziale smantellamento della fortezza pizzighettonese, interrotto solo durante l'effimera occupazione napoleonica. Durante la Restaurazione, infatti, contemporaneamente alla smilitarizzazione della piazzaforte, proseguì la demolizione del castello, già molto degradato da un incendio scoppiato nel 1801. 

Sulla sponda destra, la borgata di Gera conserva quasi interamente la cintura muraria, caratterizzata, qui, da spaziose casematte a volta in laterizio, sovrastate da un verde terrapieno, come sul settore meridionale pizzighettonese.

Vi rimane, pure, un'antica polveriera, simile all'altra situata sulla sponda sinistra del fiume in prossimità di Porta Soccorso. Delle antiche porte, sopravvivono oggi in buone condizioni Porta Crema, lungo il Serio, Porta Cremona Nuova, al centro del paese e Porta Soccorso, in bella posizione sulla sponda dell'Adda.

Oggi, la cerchia delle mura, aperta al pubblico, conserva intatta la sua struttura meridionale, (di cui è possibile percorrere l'itinerario esterno ed interno) e tutta la parte che dall'ingresso al centro storico (via Marconi) raggiunge il Serio Morto, costeggiandolo fino all'Adda.